IL Labirinto di Escher
Un altro grande successo per la Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia che, a causa dell'alta affluenza, ha deciso di prolungare fino al 23 marzo 2014 la mostra antologica dedicata a Maurits Cornelis Escher, la più esaustiva e didattica organizzata fino ad ora in Italia.
All'interno ed in contrasto con la cornice cinquecentesca reggiana, 130 opere - tra litografie, xilografie e disegni - trasportano lo spettatore nella mente di uno dei più famosi grafici e illustratori di tutti i tempi. Nato in Olanda nel 1898, M. C. Escher è stato uno dei primi artisti ad intravedere l’importanza per l’arte di uscire dai suoi luoghi deputati per entrare a pieno titolo nella vita quotidiana. Le sue opere, infatti, sono diventate universalmente famose anche grazie ai francobolli, ai biglietti d’auguri, alle copertine x dischi ed agli altri oggetti di consumo che egli ha prodotto negli anni e che ancora oggi spopolano.
L'allestimento, che segue le diverse fasi dell’arte di Escher dagli esordi alla maturità, mostra il dialogo delle sue immagini con la trama artistica della sua epoca e quelle passate, la geniale contemporaneità, e non di rado anteriorità, con la quale trattò e risolse teoremi di ordine geometrico e numerologico, ed infine la sua capacità di influire su artisti a lui posteriori come pure sulla società contemporanea.
E’ impossibile, infatti, anche per chi sia dotato di una seppur minima conoscenza della storia dell’arte, non pensare subito alla meticolosità del tratto di Durer e degli altri fiamminghi, o alla dilatazione degli spazi di Giavanni Battista Piranesi, guardando i suoi paesaggi – quali Tropea o Santa Severina ad esempio –, o alla rappresentazione del dinamismo da parte dei pittori futuristi, seguendo l’incessante discesa e ascesa delle scale da parte delle figure che invadono le sue architetture – in Relatività e Su e Giù per citarne solo un paio –. E al tempo stesso, dopo aver visto ed analizzato le tassellature escheriane – come Metamorfosi II, Nastro di Moebius o Giorno e Notte –, non si potrebbe di certo guardare l’Optical Art o i caratteristici omini di Keith Haring senza leggervi dentro una chiara forma di eredità artistica.
Accanto alle incisioni, alle mezzetinte, ed ai disegni a matita e china sono presenti anche numerosi documenti, filmati ed interviste all'artista provenienti da prestigiosi musei, biblioteche e istituzioni nazionali, oltre che da importanti collezioni private, che insieme a suggestive installazioni didattiche propongono delle possibili chiavi di lettura - certamente non le uniche - del rapporto che Escher ebbe con il mondo dei numeri e della percezione visiva.
Il genio dell’olandese si esplica principalmente nella frantumazione dello spazio reale a favore della creazione di uno spazio immaginario, costruito fuori dagli schemi pur partendo da essi stessi, e nella costruzione di una tridimensionalità - anche se solo apparente - all'interno dello strumento grafico bidimensionale per eccellenza quale il foglio o la lastra stampata.
Come ha più volte ripetuto Escher stesso, infatti: “Il disegno è illusione in quanto suggerisce tre dimensioni sebbene sulla carta ce ne siano solo due”. E quale disegno può essere più illusorio di quello che trasforma l’ambiguità visiva in ambiguità di significato, con l'innegabile conseguenza che certi binomi concettuali, come quello di negativo e positivo, di bianco e nero e di sopra e sotto, diventino intercambiabili?
Il paradosso escheriano è accentuato infine dal fatto che queste ambiguità visive si reggano proprio su quei codici matematici e geometrici che l'autore aveva precedentemente individuato come strumenti di comprensione e di conoscenza del mondo e dell’umanità.
Bertozzi&Casoni faccia a faccia con Giulio Romano
19 opere dei maestri indiscussi della scultura in ceramica policroma - stiamo parlando di Bertozzi & Casoni naturalmente - fioriscono, arano e scrutano l'infinito corpo celeste all'interno delle sale di Palazzo Tè a Mantova, creando dei veri e propri miraggi nei quali ordinarietà e prodigio convivono per alimentarsi a vicenda.
Un'abilità esecutiva perennemente in crescita - il velato riferimento alle dimensioni sempre maggiori delle loro opere è voluto - e una distaccata e simbolica ironia derisoria nei confronti di ciò che è transitorio, caduco e in inevitabile disfacimento sono diventati gli elementi distintivi dei loro lavori e i freddi connotati della condizione umana contemporanea.
Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 1957) e Stefano dal Monte Casoni (Lugo, Ravenna, 1961), meglio conosciuti con il nome della loro società Bertozzi & Casoni, infatti, dopo aver studiato all'Istituto Statale di Faenza ed in seguito all'Accademia di Belle Arti di Bologna, da più di trent'anni indagano la decadenza della società contemporanea e della cultura artistica, senza tralasciare la corruzione e la conseguente dipartita dei valori umani, coniugando surrealismo compositivo e iperrealismo esecutivo.
L'icona Pop per eccellenza, il Brillo Box di Andy Warhol, ad esempio, è ormai stata abbandonata, imbrattata e riutilizzata per ricavarci una "Cuccia Brillo" per cani, proprio come la Madonna, che nelle Sacre Rappresentazioni veniva rappresentata nell'atto materno di cullare il figlio di Dio, nell'opera "Scegli il paradiso" e in "Madonna scheletrita" è intenta come una qualsiasi casalinga ad arare un prato, distruggendo per di più i fiori che lo adornavano.
A volte però la natura, nello specifico insetti e piante, corrono in aiuto all'uomo per cercare di redimerlo e salvarlo dalla parabola distruttrice in cui è incappato, come dimostrano opere quali "Sedia elettrica con farfalle" e "Disgrazia con orchidee blu".
Il degrado a cui il duo emiliano riduce oggetti tipici della vita quotidiana, animali primordiali o comunemente slegati dalla vita umana - quindi ingenuamente ritenuti ancora puri - e diversi simboli dell'evoluzione sociale, vuole essere sia una fredda rappresentazione dell'irrimediabile deterioramento temporale a cui tutto è soggetto sia, contemporaneamente, uno strumento pungente per esaltare la bellezza rinvenibile anche nell'oggetto più martoriato e disprezzato.
Ad accrescere il senso d’irrealtà e meraviglia nello spettatore ci pensano gli affreschi e le decorazioni delle stanze monumentali della residenza gonzanghesca, ammirata nei secoli per le sue atmosfere festose e per la particolarità dei soggetti raffigurati, anch'essi caratterizzati da veri e propri "lucidi inganni". Mai prima si era vista, infatti, un'intera stanza dedicata ai "ritratti" dei destrieri di una casata.
La scelta di inserire un orso polare, posato su un pack e imprigionato in una rete che contiene i rifiuti di una spedizione antartica - facente parte dell'opera "Composizione in bianco" - proprio nella Sala dei Cavalli conferisce ad entrambe le opere un potere straniante ancora maggiore, proprio come la scelta di allestire l'opera "Bucranio con varano" - una salamandra in quanto emblema della casata - sotto una delle aquile che adornano l'imposta della sala dedicata al rapace e l'opera "Waiting" - dedicata alle costellazioni - nella Sala dei Venti del palazzo.
Le opere dei due artisti sono state esposte in molte gallerie private e in grandi istituzioni pubbliche, come la Tate di Liverpool, la Quadriennale di Roma e la Biennale di Venezia solo per citarne alcune.
L'esposizione Dove Come Quando, a cura di Marco Tonelli e promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Mantova, sarà visibile fino al 20 agosto 2014.
La più grande retrospettiva su Marc Chagall a Milano
Nonostante le sfortunate vicende che hanno segnato l'intera vita di Marc Chagall - l'artista russo naturalizzato francese, infatti, si autodefiniva "nato morto", subì in quanto ebreo i pogrom zaristi e l’esilio nazista e perse l’amata nonché musa - dalle opere in mostra a Palazzo Reale a Milano, ciò che traspare maggiormente è un sentimento di gioia, amore e speranza nell'umanità.Cosa ancora più strana se si pensa al cambiamento radicale subito dal ruolo dell'artista con l'avvento del Novecento, il cui compito, infatti, non fu più quello di "abbellire" la realtà ma divenne quello di smascherare e denunciare, a volte addirittura con irriverente violenza, l'ipocrisia della società borghese. La nuova regola degli artisti diventò quella di non avere regole e la mostra meneghina evidenzia come Marc Chagall in questo si rivelò un vero maestro.All’interno del percorso espositivo – cronologico e diviso in sezioni tematiche – , infatti, un soggetto ritorna incessantemente: due figure strette l’una all’altra in un abbraccio, sia che intorno ci sia un’atmosfera di pace o di distruzione.Nato a Vitebsk (Biellorussia) nel 1887 da una famiglia ebraica, matura la sua prima formazione artistica a San Pietroburgo seguendo le lezioni di Léon Bakst, pittore e scenografo russo studioso dell'arte francese. E' proprio durante le sue lezioni che Chagall, già insoddisfatto dal clima culturale russo, scopre e rimane affascinato dalle avanguardie occidentali, dimostrando in particolar modo un’affinità stilistica con il Fauvismo e il Cubismo, fino a decidere di trasferirsi a Parigi nel 1910.
Nella capitale francese conosce i massimi esponenti della cultura avanguardista: Guillaume Apollinaire, Robert Delaunay e Fernand Léger; e diventa coinquilino di Chaim Soutine e Amedeo Modigliani alla Ruche, la sede degli atelier di numerosi artisti. Inebriato dall'atmosfera che si respirava "nell'Alveare" parigino, l’artista incomincia a realizzare i suoi primi capolavori.
Nonostante il forte impatto che ebbero le suggestioni figurative degli altri artisti, Chagall non si lega mai veramente a nessun movimento artistico. La matrice popolare russa, il simbolismo ebraico, il cromatismo acceso e contrastante di Henri Matisse e le forme geometriche di Pablo Picasso, si mescolano nella pittura di Marc Chagall slittando nella dimensione onirica e spirituale che diventa la cifra stilistica costante della sua intera produzione. Attingendo a ricordi dell'infanzia, a vicende della sua vita e a figure simboliche quali gli animali, i fiori e i temi bibblici costruisce un lessico artistico - una favola personale - assolutamente unico nel suo genere. In un mondo che non segue regole compositive e sensoriali gli esseri umani e animali volano, confondendosi gli uni negli altri, tra edifici capovolti ed oggetti sospesi nello spazio, abbagliati da colori volutamente antinaturali e atemporali che contribuiscono a creare un fantasmagorico universo di emozioni, talvolta velato da un lirismo nostalgico.
Negli anni Venti viaggia per motivi personali e lavorativi tra Russia, Germania e Francia finché non decide di stabilirsi in Provenza fino al termine della sua vita, salvo per una parentesi americana obbligata negli anni dell'occupazione tedesca.
In Russia, oltre a sposarsi, diventa Commissario governativo per le Belle Arti, fonda la nuova Accademia di Vitebsk e si dedica alla decorazione del Teatro Ebraico Kamerny per cui realizza anche i costumi e le scenografie di alcuni spettacoli. Questo legame col teatro, radicato in Chagall fin dalla sua prima formazione russa, rifiorirà in seguito durante il suo soggiorno americano.
Dopo una breve parentesi berlinese riesce a ritornare in Francia, dove vive anni particolarmente fecondi dedicandosi sia alla produzione su carta di tempere, acquerelli e incisioni grafiche, sia alla scultura ed alla ceramica. Bellissima e davvero unica la sala dedicata alle illustrazioni per le "Favole" di La Fontaine, che gli vennero commissionate dall’editore e mecenate Ambroise Vollard.
Quello che questa retrospettiva svela è che Marc Chagall, pur vivendo in un perenne esilio e nonostante i terribili avvenimenti che attraversarono la sua esistenza, continuò per tutta la vita a vedere il mondo attraverso gli occhi di un bambino.